Leggo l’articolo del Proff. Antonino Saggio sul “L’architetto” sullo schermo del mio computer nell’aula G14 della nostra facoltà, il che è significativo.
Immediatamente mi ritrovo immersa a cercare mille definizioni e articoli, tra mille schede aperte di Google.
Bisogna fare un po’ di ordine, cercare di formulare un discorso che abbia la sua logica.
Gli anni al liceo scientifico hanno contribuito a sviluppare la capacità o l’incapacità di formulare nella mia testa ragionamenti schematici e sintetici.
2+2=4
POSTULATO n° 1:
LA CRISI E’ LA CONDIZIONE NECESSARIA E SUFFICIENTE AFFINCHE’ ESISTA LA MODERNITA’.
Se non esistesse la crisi, intesa come elemento di rottura rispetto a una condizione precedente, non esisterebbe la necessità di superarla e quindi il progresso, inteso come momento in cui la crisi è superata e la modernità, atteggiamento propositivo nel superamento della prima, è compiuta. Il progresso sottintende un salto in avanti nel tempo, essendo per definizione conseguente alla crisi. Se non esistesse non si potrebbe parlare di scorrere del tempo e di tutti i concetti derivati quali l’evoluzione stessa.
POSTULANO n°2:
LA CRISI E DI CONSEGUENZA LA MODERNITA’ SONO ESSENZIALI ALL’EVOLUZIONE.
Mi fermo su una piccola riflessione personale, un esempio così, giusto per applicare qualcosa di concreto a un ragionamento apparentemente così astratto, butto giù uno schema.
Continuando a ragionare sugli argomenti proposti dal professore in questi termini, cerco la definizione di INFORMATION TECHNOLOGY:
“L’IT, sigla di Information Technology, indica l’uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento dell’informazione, specie nelle grandi organizzazioni. In particolare l’IT riguarda l’uso di apparecchi digitali e di programmi software che ci consentono di creare, memorizzare, scambiare e utilizzare INFORMAZIONI nei più disparati formati.”
Leggo le cose dette in aula: il dato segna un cambiamento rispetto a una condizione precedente, penso all’ esempio del punto su un foglio in partenza bianco, esso, per essere tale, è definito da una convenzione. L’applicazione di quest’ultima al suddetto dato è l’informazione, intesa come modellatrice. Il modello finale è conseguentemente l’espressione dell’informazione stessa.
Perciò l’ INFORMATION TECHNOLOGY, in quanto tecnologia in grado di gestire le informazioni, va intesa come una nuova maniera per costituire modelli, nel nostro caso per costruire nuovi modelli architettonici, definiti da nuove convenzioni e dati mutevoli nel tempo, informazioni appunto.
L’ utilizzo di tecnologie come ARDUINO, di nuovi materiali e nanotecnologie, che possano rispondere in tempi brevissimi ai cambiamenti lanciando continue informazioni, crea nuovi modelli variabili nell’immediato, (Materiali che cambiano forma a seconda della temperatura o luci che si possano spegnere e accendere al passaggio di una persona) cambiando così il concetto di architettura e di modernità forse avviata verso un processo di cambiamento permanente (crisi permanente o modernità permanete?!), un processo dinamico, dove il concetto di temporaneo si vada perdendo in quello di stabile, in continua ridefinizione.
__Nella speranza che non ci siano più FEDORA__
“Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello d’un’altra Fedora . Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro. Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città ), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovo più la base su cui sorgere). Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più. ”
Le città invisibili, Italo calvino.